La vita intima

Particolare della copertina del libro “ La vita intima “ di Niccolò Ammaniti- foto web


Prendete una ingenua anaffettiva e pure ignorante ma ricca, prendete personaggi da “ generone romano “, prendete il “ Potere “ descritto nelle sue sfaccettature più becere, prendete personaggi minori che non si sa bene per quale oscura ragione continuano ad adorare l’ anaffettiva ingenua, turbinate in maniera costante e adeguata e otterrete, quasi d’incanto, l’ultimo romanzo di Niccolò Ammaniti, quella “ Vita intima “ che sbandierata nel titolo non riconduce ad una reale intimità, visto che l’algida e sprovveduta protagonista non ha una vita intima, in considerazione del fatto che la SUA vita intima, è alla mercè di chiunque intorno a lei. Un titolo da virgolettare? Non sappiamo. Fatto sta che il buon Ammaniti – del quale avevo letto “ Io non ho paura “ tanto tanto tempo fa e poi null’altro – ha dalla sua parte una scrittura buona, a tratti ironica, in certe parti francamente porno soft. Tutta questa “ sapienza “, questo “ mestiere “ si fa leggere facilmente e continui a leggere, non per inerzia, ma per capire fin dove l’ingenua protagonista smette i panni consueti e diventa l’eroina di se stessa, affermando una realtà diversa da quella vissuta finora. Un libro da comprare? Sì, se vi intrigano i retroscena della politica nostrana, anche perché, a lume di naso, il romanzo si presta con facilità a diventare un film – con Nicole Kidman come protagonista… forse no, considerando la vetustà della citata. Un ultimo consiglio, evitate come la peste le presentazioni del libro in presenza dell’autore, spoilera che è una bellezza! 😄

Perché? ( come comprare due volte lo stesso libro ed essere scontentissima )

San Martino

La nebbia agl’irti colli
piovigginando sale,
e sotto il maestrale 
urla e biancheggia il mar;

ma per le vie del borgo
dal ribollir de’ tini
va l’aspro odor de i vini
l’anime a rallegrar.

Gira su’ ceppi accesi
lo spiedo scoppiettando:
sta il cacciator fischiando
sull’uscio a rimirar

tra le rossastre nubi
stormi d’uccelli neri,
com’esuli pensieri,
nel vespero migrar.

( Giosuè Carducci)

Isola del Liri, castello Boncompagni, giardino – archivio fotografico personale

Poesie in cielo


Archivio fotografico personale

Un libro per chi ha perennemente gli occhi rivolti verso il cielo, in cerca di emozioni.

L’inizio del viaggio

STACCARE GLI OCCHI DA TERRA

Si può vivere una vita intera a testa bassa, gettando solo fugacemente uno sguardo distratto al cielo. Magari per vedere se piove o se pioverà a breve. Eppure, il cielo racconta di più della semplice pioggia, e la sua storia è una storia scritta con l’alfabeto delle nuvole. Presenze costanti e mutevolissime, che ingombrano e decorano l’azzurro disponendosi in una miriade di composizioni sempre diverse. Che variano con le stagioni, l’ora del giorno e il luogo in cui ci troviamo e ci accompagnano, come silenziose guide, nella nostra quotidianità.

Cosa sono in realtà le nuvole? Se lo è chiesto Jorge Luis Borges nella poesia Nubi e la risposta che si è dato ci porta a studiarne l’architettura come se fossero figlie del caso. Tuttavia, Borges non ne è sicuro e si chiede con forza cosa esse allora siano nella loro mutevolezza.

II

Vanno per l’aria placide montagne
oppure cordigliere d’ombre tragiche
che oscurano il giorno. Le chiamiamo
nuvole. Hanno sempre forme strane.
Shakespeare ne osservò una. Somigliava
a un drago. Quella nube di una sera
risplende e brucia nella sua parola
e ancora seguitiamo a rivederla.
Le nuvole che sono? Architettura
del caso? Forse Dio ne necessita
per eseguire l’opera infinita:
sono i fili della Sua trama oscura.
Forse la nube non è meno vana
dell’uomo che la guarda nel mattino.

Jorge Louis Borges

( tratto dal libro in immagine Piccolo manuale per cercatori di nuvole di Vincenzo Levizzani )

Happy birthday, little boy

L’occhio del poeta oscenamente vede
la rotonda superficie del mondo
coi suoi tetti ubriachi
oiseaux di legno sui bucati
e maschi e femmine di argilla
con gambe di fuoco e petti in boccio
su letti a muro
e alberi pieni di mistero
e parchi della domenica e statue mute
e la sua America
con le città fantasma e le deserte Isole Ellis
e il suo paesaggio surrealista di
praterie senza pensiero
sobborghi da supermercato
cimiteri scaldati dal vapore
giorni sacri da cinerama
e cattedrali della protesta
un mondo sterilizzato di sedili plasticati da toelette tampax
e tassì
cowboy smidollati e vergini di Las Vegas
indiani diseredati e fanatiche del cinema
senatori non-romani e non-obiettori di coscienza
e tutti i fatali sparsi frammenti
del sogno avverato dell’immigrante
smarrito
tra i bagnanti al sole

Lawrence Ferlinghetti   “ Coney Island della mente “

A rose is a rose is a rose *

Paolo Picasso – Ritratto di Gertrude Stein

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Mi sono sempre chiesta, leggendo o studiando i movimenti artistici e letterari del secolo scorso, se quanto sia successo sia stato determinato da circostanze specifiche, da influenze particolari oppure da processi imitativi o dalla semplice “ musica che gira intorno “. Parigi negli  anni precedenti la Grande Guerra era il luogo dove tutti dovevano essere, attori e comprimari. Si “ inventava “ l’arte che avrebbe sconvolto la pittura accademica, si maturavano linguaggi nuovi che avrebbero rivoluzionato il modo di scrivere romanzi o articoli di giornali. Racconta Gertrude Stein nell’ Autobiografia di Alice B. Toklas

Così cominció quella vita di Parigi e, siccome tutte le strade conducono a Parigi, ora ci siamo tutti e posso cominciare a riferire quello che avvenne da quando ci fui anch’io.

E descrive la Stein, con dovizia di particolari, l’esperienza vissuta in rue de Fleurus, gli artisti conosciuti – Picasso su tutti – i viaggi compiuti, racconta aneddoti, parla di se stessa e degli altri, parla di Hemingway.  Ci si trova immersi in quell’atmosfera che deve avere, necessariamente, influenzato tutti coloro che in quel momento erano presenti e anche coloro che sono venuti dopo. Il racconto fatto per interposta persona, come se fosse stato scritto da Alice B. ( B. Sta per Babette, il nome con il quale  Gertrude chiamava la sua compagna ) Toklas, è una novità assoluta nel mondo della letteratura del tempo. Successivamente, nell’ Autobiografia di tutti, continuerà a raccontare dei suoi tempi, con il suo caratteristico ingenuo e spietato humor, da “ anarchica programmatica “ qual era.

Gertrude è un personaggio coerente e ama l’eterno presente della vita come ama ( o per poter amare ) l’eterno presente della narrazione: Gertrude scrive soltanto “ su ciò che esiste “ –

dalla prefazione di Fernanda Pivano alla “ Autobiografia di tutti “

Gertrude Stein – Autobiografia di Alice B. Toklas – Einaudi ( tradotto da Cesare Pavese ) Gertrude Stein – Autobiografia di tutti – Nottetempo ( tradotto da Fernanda Pivano ) se ne consiglia vivamente la lettura ai fautori del chiacchiericcio nazional – popolare, perchè possano capire che non si vive di solo vaniloquio.

* La citazione, riportata in diversi scritti, è della stessa Stein.  Può essere intesa come “ le cose sono quelle che sono “ secondo il principio di identità, ma anche, così come spiegato dalla scrittrice, esprime il fatto che il semplice uso del nome di una cosa richiama già l’immaginario e le emozioni ad esso associate. Altri autori, parafrasando la Stein, hanno utilizzato la citazione variandola, nelle loro opere.

 

La bustina di Minerva*

Uno dei miei vezzi antichi era quello di iniziare a leggere l’Espresso partendo dall’ultima pagina. Perchè, vi starete chiedendo, leggevo una copia dell’Espresso scritta in lingua araba? Ma no! Mi sarebbe piaciuto, forse, conoscere l’arabo, ma il vezzo era dettato dall’esigenza pratica di leggere prima di ogni altro articolo “ La bustina di Minerva “ dell’ineffabile Umberto Eco. Premesso che nella vita, oltre al desiderio di voler essere bruna, avrei voluto essere Umberta Eco – il 2019, l’anno dei disvelamenti! – ecco che “ La bustina “ costituiva per me, drogata seriale, la dose settimanale di parole da non consumare – potevo mai arrivare al genio? Con lui ho condiviso solo il mese di nascita, gennaio, e il segno zodiacale!  Arrivare a  scrivere, felicemente, articoli su un qualsiasi argomento avesse attizzato la curiosità onnivora dell’Umberto, era probabilmente una goduria per lui e per i lettori, come me, che di fronte a tanta maestria ammutolivano. Certo i romanzi sono stati prove di elevata bravura, anche per gli affezionati, bravi a reggere fino alla fine, in alcuni casi, tomi non di facile e piacevole lettura, ma era nella saggistica, nell’ironica e ricercata evoluzione linguistica degli articoli, che veniva fuori il genio dell’Eco – a mio personalissimo parere. Erano i suoi, scritti all’apperenza facili facili, ma pieni di quel sapere del quale era maestro il nostro. Ora so che ci saranno stuoli di estimatori a sostenere il contrario, che era nei romanzi che si manifestava l’opera del genio… rimango affezionata a “ La bustina di Minerva “, nei secoli dei secoli, amen.

* “ La bustina di Minerva “ è stata la rubrica che Umberto Eco, settimanalmente, ha scritto dal 1985 al 2016 sull’Espresso, giornale che ha contribuito a fondare negli anni ‘50 del Novecento.   ( La rubrica prendeva il nome dalle bustine che contenevano i fiammiferi Minerva, utilizzati dallo scrittore per accendere i sigari. In mancanza di carta sulla quale prendere nota, al volo, del pensiero peregrino che successivamente avrebbe costituito il corpo dell’articolo settimanale, Umberto Eco scriveva sulla bustina dei fiammiferi – spiegazione a beneficio di coloro che, per distrazione o per giovane età – non sanno spiegarsi un titolo così curioso )

San Valentino ( la rondine sotto il cuscino )

La prima volta che mi trovai al cospetto di un Valentino’s day fu nei lontani anni della mia adolescenza, complice il mitico ” Linus ” di ODB – Oreste Del Buono, l’illuminato direttore del mensile a fumetti. Nelle strips dei Peanuts, più che un giorno di gaudio diventava un tripudio di cuori infranti e delusioni: Charlie Brown che tentava l’invio di Valentine alla ragazzina dai capelli rossi senza che la destinataria ne avesse consapevolezza – il classico amore unilaterale, perdente sul nascere- Lucy, la matriarca, alle prese con un riottoso Schroeder, Sally cotta allo spiedo per Linus, a sua volta ” avvolto ” in una love story con la coperta, Patty Piperita che avrebbe potuto essere felicemente ricambiata da un Charlie Brown infelice per un amore non amore. Fu lì che cominciai a subodorare che non fossero tutte rose e viole. L’unico a salvarsi era Joe Cool – Snoopy in versione Joe Falchetto – che ” tirava tardi al circolo studentesco lumando le pupe e fumando le pipe “. Che fosse il suo l’unico sano e saggio messaggio da tenere a mente per gli anni a venire? Non vi dico come è andata a finire, non è rilevante per l’odierna cronaca. Però stamattina ho aiutato D. a confezionare una ” Valentina ” per la sua bella. E’ stato felicissimo. Quando gli ho chiesto dettagli sulla consegna del biglietto mi ha risposto che avrebbe provveduto a darglielo nel pomeriggio. E poi? E poi, se le fosse piaciuto l’avrebbe portata in pizzeria a festeggiare il giorno di San Valentino. 12 anni e non li dimostra! 😀

P.S. Il titolo, direte voi, che razza di titolo è? Se la rondine è sotto il tetto per San Benedetto, per San Valentino non può che sostare ancora al calduccio sotto il cuscino. Con ‘sto tempo da lupi, poi! 😀 P.P.S. Buon San Valentino a tutti.

san-valentino

( scritto nel lontano(?) 2012… ancora condivisibile, mi pare… )

Bukowski tra i banchi di scuola

bukowski-2Che io sia nata curiosa è un fatto, ma che i pulzelli facciano a gara per sconvolgere la sana curiosità di una insegnante è un altro fatto. La cosa è andata così: li avevo lasciati a giugno dicendo loro Leggete! convinta come sono che una buona e sana lettura non faccia morire nessuno, anzi. Quelli, quasi tutti in verità, mi hanno presa in parola e hanno letto. Interrogati procapite hanno sciorinato, partendo dal parterre, titoli ameni, Cuore – Tutto tutto? Solo le prime pagine, prof! Figuriamoci! –  tutta la raccolta degli Harry Potter – Tutti tutti? Sì, prof! Esagerata! – manga, Zafòn… arrivata ad E. – capelli azzurri da fata Turchina, E. che hai fatto ai capelli?!? Così, prof! spallucce a sottolineare il turchino sbarazzino e modaiolo – E. mi risponde di aver letto Bukowski. Ohibò Bukowski in terza media lo percepisco a disagio, già lo sento rivoltarsi nel loculo! E. com’è ‘sta storia? Tu hai letto Bukowski?!? E. lo sai che Bukowski non  è proprio una lettura adatta ad una tredicenne? Sì, no prof, ho letto qualcosa di Bukowski… Sì ma cosa? Alla fine E. ha confessato Delle cose scritte in internet, prof. Aforismi o citazioni? Eh??? Sì, va be’ compito per la prossima volta, cercate sul vocabolario il significato delle parole che ho appena detto. Ad E. ho consigliato di lasciar perdere Bukowski. Certo anche Edmondo non raccontava di rose e di fiori, però…

Lector in fabula ( e figurine )

Auguste Toulmouche, Dans la Bibliothèque
Auguste Toulmouche, Dans la Bibliothèque

Faccio collezione di figurine. No, non quelle dei calciatori o dei Pokémon, per quanto con quest’ultime potrei pavoneggiarmi con stuoli di cercatori di incrollabile e infaticabile fede e dall’età variabile. Faccio collezione di figurine virtuali. Il santo web permette raccolte di immagini che in altri tempi sarebbero risultate impossibili, salvo l’accensione di un mutuo ventennale spendibile nell’acquisto delle figurine Panini – e neppure quelle visto che a me dei calciatori non mi sconfinfera un bel niente. Colleziono, secondo il mio interesse e l’ingegno del caso, immagini di persone che leggono – e non solo. Nella scelta delle figurine non sono selettiva, tutto è accettato e accettabile. Si va dal manifesto grafico al preziosissimo quadro, dove la madama di turno è colta nell’atto della lettura oppure presa mentre è momentaneamente ferma, con il libro aperto tra le mani, e osserva il pittore che la ritrae in un gioco di vedi? sono istruita anch’io! In realtà, mettendo insieme alcune informazioni visive, vengono fuori delle riflessioni interessanti. Le signore dell’Ottocento amavano farsi ritrarre con un libro in mano: condizione manifesta del loro grado di istruzione, come dicevo poco prima? Oppure dello status che prevedeva, come corredo sociale, il possesso di una biblioteca casalinga? Sia come sia, una bella affermazione di (apparente) interesse verso la nobilissima arte della lettura – che attiene propriamente alle donne, perché le donne leggono più degli uomini e questo non lo dico io sola, la verità! Le donne dell’Ottocento e del Novecento leggevano senza distrazioni, lettrici dure e pure. Le fotografie più recenti di donne in lettura prevedono un corredo che, francamente, mi fa girare non poco le figurine: per risultare lettrici credibili, attualmente, bisogna avere all’attivo, nei pressi del luogo prescelto per dedicarsi alla nobile arte – il luogo è quasi sempre un bovindo, oppure una poltrona confortevole ammantata di un plaid in cashmere, il letto disfatto che fa pensare ad un prima e ad un dopo – l’immancabile tazza da mug con tisana, of course, maglioni oversize, il gatto acciambellato alla bisogna e il broncio assorto della lettrice incallita. Nel confronto mi sembrano più credibili, e in fabula, le madame d’altri tempi. Sarà la patina preziosa della rappresentazione artistica  a rendere accattivante l’idea delle donne lettrici credibili per sempre?