Sei gennaio – dettagli

Carlo Crivelli – Secondo trittico di Valle Castellana, Madonna col Bambino e santi Antonio e Sebastiano, 1472 circa – particolare – dalla mostra “ L’arte liberata “ Scuderie del Quirinale, Roma – archivio fotografico personale.

Il bambino è dipinto in una posa non convenzionale, sdraiato sul ricco manto della Madonna. Una mano è posta a benedire, mentre l’altra sorregge il capo che è sporto oltre le gambe della madre. Lo sguardo è curioso e attento, non rivolto verso le figure oranti, in basso a destra, ma verso la mela posta in primo piano, molto più grande rispetto alle immagini laterali, quasi delle stessa dimensione della testa del bambino. La mela rappresenta, nei dipinti di soggetto sacro, il frutto proibito da cui deriva il peccato originale. Il Crivelli dipinge, in tutte le opere che hanno come tema la Madonna col bambino, la mela in mano al bambino, con il chiaro significato di redenzione e salvezza per il genere umano, perché quello che verrà, la passione del Cristo, porterà all’espiazione del peccato originale.
Ma in questo caso, con la mela caduta ai piedi della Madonna, qual é il messaggio espresso?

Quattro gennaio – riflessi

Pier Paolo Pasolini, Tutto è santo, Il corpo politico – mostra esposta a Roma presso il MAXXI – Museo delle arti del XXI secolo

L’immagine riflessa, una grande scritta rossa sulla parete di fronte, si sovrappone alla riflessione dell’uomo, bloccato in un fermo immagine in bianco e nero.
THEY HATE US FOR OUR FREEDOM sono fiammiferi, dalla testa rossa, pazientemente posizionati a comporre il messaggio.

Attraversiamo il guado di questo fiume di pietre

Trani – luminarie per la festa del santo Patrono ( via Mario Pagano con basolato ) archivio fotografico personale

Abito nella città di mare che il Washington Post non ha esitato a definire come meta imperdibile per una vacanza nei mesi autunnali. Tutto bene, dunque? Sì certo, tutto bene se sei uno di quei turisti – tanti devo dire, come non se ne vedevano da tempo, presenti ancora in autunno, come “ comanda “ il WP – turisti, dicevo, che vanno percorrendo le strade del centro storico con il naso in aria a rimirare la “ bianca Trani “. Tutto bello con questa stagione che sembra voler replicare il caldo piacevole di una estate che piacevole non è stata per niente! Tutto bene se hai voglia di andare ancora al mare, per quanto l’acqua un poco freddina lo è diventata… Tutto bene se di sera ti puoi attardare ad uno dei tavoli all’aperto dei mille locali del centro a rimirare il passeggio… lo stesso tutto bene se stai con il naso perso ad annusare l’aria che tira; tuttavia è conveniente, convenientissimo, che il naso, di tanto in tanto, torni a badare a se stesso piegato verso terra. Perché ci sono scavi archeologici da rimirare? Macché, le buche non sono di scavo, però ci sono, eccome!, ma sono quelle nel basolato di pietra di Trani e pietra lavica, che fanno bella mostra di sé nel borgo ottocentesco e nella zona storica, la cui caratteristica fondamentale, allo stato odierno, è l’implosione, il collasso in verticale verso il centro della terra – più o meno! Una soluzione sarebbe una bella spammata – per usare un termine caro alle nuove generazioni – di Macadam, ma se non livelli il di sotto si capisce bene che finirebbe per collassare anche l’asfalto, e non si può asfaltare il basolato altrimenti la Soprintendenza archeologica, alle belle arti, nonché al paesaggio finirebbe per gridare allo scempio! E dunque, che fare? Come ho detto stamattina, attraversando il guado di questo fiume di pietre, bisogna fare attenzione dove poggiare i piedi per non farsi male, ché se inciampi e fai causa al comune, potrebbe esserci un qualche geniale giudice che, rifacendosi ai diktat di un degno sodale milanese, ti condannerebbe alle spese processuali, perché non è il comune a dover provvedere al restyling del basolato, ma devi essere tu a provvedere a te stesso nel caso di caduta rovinosa! E non dite che non vi ho avvertiti!

Lu Salentu: lu sule, lu mare, lu ientu

Santuario del santissimo Crocifisso – Galatone ( Lecce )

Come da copione, la settimana scorsa ero in viaggio di istruzione: mete predestinate Galatone e Lecce. ( Il ricordo dei trascorsi scolastici gitaroli precedenti ti prende sempre al ritorno, quando ormai la frittata è fatta e tu sei più sbattuta delle uova della frittata! Com’è la storia che ti eri detta la volta prima? Mai più viaggi di (d)istruzione e invece… rieccoti lì alle sei e un quarto del mattino a contare pecore sparse! Per fortuna stavolta ci è venuta in soccorso la dea necessità che presiede l’ingegno e invece di un pulmone avevamo due pulmini separati! Così una parte delle alunne chiacchierone è stata epurata su un mezzo e il resto della banda Bassotti sull’altro. ) Quasi da non credere, all’andata, all’aria pacata e tranquilla dei più, da non credere al fatto che nessuno avesse particolari esigenze fisiche e/o idrauliche – mi viene da vomitare, devo andare in bagno, posso bere, quando ci fermiamo, quando arriviamo… la regola sempre, stavolta meno. A Galatone – la città del galateo, eh, mica necci! –  ci aspettava un gentile omino in abito blu e cravatta, a raccontarci la storia di quell’esposizione che abbiamo visitato in lungo e in largo. Il tema della mostra, le macchine di Leonardo. Ora, è vero che siamo nell’anno di Leonardo Da Vinci, è vero che forse ai ragazzi potevano anche interessare le macchine da guerra pensate dal Da Vinci, ma che l’omino ce le abbia marinate in tutte le salse solo perchè lui, l’omino stesso, le ha costruite seguendo le istruzioni del buon Leo, centotrenta macchine dicasi centotrenta, moltiplicate per tre ore intense di spiegazione mi è sembrata una faticaccia pazzesca, soprattutto tenere viva l’attenzione dei pulzelli attratti più dai telefonini non “ sequestrati “ che dalle spiegazioni dell’omino in blu. Lo stesso ha magnificato la sua opera fornendo dettagli tecnici sulla costruzione, sui costi – questa macchina mi è costata tredicimila euro! e alla mia domanda come finanzia i suoi progetti? mi ha rifilato un “ risorse personali “ alle quali credo come si può credere alla befana vien di notte! Terminato il percorso con un laboratorio del sapone – che manco Leonarda Cianciulli! – e consumati il quintale di panini a seguito, ci siamo diretti in quel di Lecce capitale – dellu Salentu, mica dell’Italia! – attraversando un paesaggio che mi ha sconcertata e rattristata non poco. Avete presente tutto quel gran parlare che non porta a nulla, a nessuna soluzione, sulla xylella fastidiosa? Non ci si può rendere conto della portata della calamità se non si attraversa la campagna salentina. Gli alberi di olivo sono completamente secchi! E non uno o due o tre,  tutti, per chilometri, non mostrano il minimo segno di vita o vitalità o ripresa. Una sensazione terribile di disastro manifesto! Lecce e il suo barocco, con tutta la confusione di gitanti come noi e turisti e auto, chè il centro storico è tutt’altro che chiuso al traffico, ha messo a dura prova la nostra capacità di riportare a casa tutti gli alunni sani e salvi. Che dire di Lecce? Molto, ma molto, ipercommentata, ipervalutata, in eccesso. Abbiamo riattraversato le moltitudini per rientrare, con pasticciotti e pasticcioni a seguito. L’errore più grande è stato riunire il gruppo classe. Hanno cantato tutto il tempo, a memoria, di tutto! E invece quando li interroghi, grasso che cola se ricordano qualcosa! Il prossimo viaggio di istruzione? Mai più! ( ipse dixit )

Gentiluomini d’altri paesi

Bovino, Foggia
Panorama dal Castello

Bovino è un paese arroccato sui monti Dauni, a confine con il nulla. In realtà confina con tanti altri paesi accomunati da uguale cultura, aspetto, colore delle case e pale eoliche – una selva, ormai! Confina anche con territori che digradano verso la Campania e la Basilicata, tanto verde, vallate e alture piene di grano, quello di qualità. Ieri gita fuori porta a Bovino. Siamo saliti in alto, panorama bellissimo, peccato per il tempo che aveva deciso di offuscare i colori e di spegnere il verde. E nel mentre del giro turistico per le viuzze, R. ha esternato il suo urgente bisogno. Smarriti ci siamo guardati intorno, niente bar per approfittare della toilette, niente di niente. Davanti a me un vigile urbano che stava chiudendo a chiave le porte del Municipio. Con un sorriso gli ho chiesto se nei dintorni ci fosse stato il servizio che stavamo cercando. Senza pensarci un momento, quell’uomo “ benedetto “ ha riaperto il portone appena chiuso a chiave e ci ha indicato il posto di cui avevamo necessità. Ne abbiamo approfittato in diversi. A “ cuor “ leggero lo abbiamo ringraziato, quasi increduli – ma non più – per tanta gentilezza, degna di una educazione d’altri tempi. Paese che vai , gentiluomini che trovi!

Basilicata coast to coast, ovvero viaggio nel Regno di Napoli a dorso di due auto per sopraggiunta iella…

Eppure non lo sapevano in molti! Memori dei precedenti trascorsi c’eravamo guardati bene da divulgare la notizia ai venti! Si va a Palinuro, ma non si dice in giro, va’ a vedere che succede qualcosa di brutto. Difatti succede che S. venerdì mattina, è in preda al capogiro, di mettersi in macchina non se ne parla proprio. Sosta al pronto soccorso per le flebo del caso… se non è iella questa! Per abbattere l’ansia che era venuta a M. e S. propongo una sortita a due, io e coniuge, con la nostra auto e loro sarebbero venuti in seguito, se ci fossero stati miglioramenti. Sicchè partiamo a tarda ora, con il caldo. Mò, vi sembra una bazzecola andare a Palinuro da Trani? Sempre Meridione è, dite voi. ‘Na parola, dico io. Per arrivare nell’estesissima provincia di Salerno a confine con la Basilicata bisogna attraversare in orizzontale l’Italia meridionale. Direzione Altamura, Matera, Potenza, poi giù verso la Calabria, fino ad inoltrarsi nella remota zona che si protende nel mar Tirreno all’altezza di Sapri. Avremmo fatto meglio ad imbarcarci da Taranto, circumnavigare la Magna Grecia come i Greci, appunto, e finire lì dove spigolava la spigolatrice dei più famosi versi risorgimentali! 😀 L’Italia è un paese dal multiforme paesaggio: le Dolomiti le trovi nel Trentino Alto Adige, ma anche in Basilicata, più basse, meno rocciose, verdi nonostante il caldo. 

Arrivati cotti come gamberi a Palinuro chiediamo con insistenza: Ma il mare dov’è? – non fosse altro, fino a quel momento tutto abbiamo visto meno che il mare! Il mare è di là, dice C. cortesissimo gestore dell’albergo dove abbiamo prenotato. Di là vuol dire oltre la strada per una discesa che diventa salita quando rientri accaldata dopo aver stagionato al sole della Campania. Be’ questa Palinuro tanto declamata si rivela una specie di flop: se vi dovesse capitare, evitate la zone delle ” Saline “. Le antiche colate laviche hanno formato nell’acqua una discesa accidentata da una moltitudine di rocce ricoperte di alghe scivolose. Per metri e metri rischi di ammaccarti le ossa per una nuotata che tale non è. E’ vero, la spiaggia è di sabbia grossolana, ma gli spigoli marini sono in agguato. Anche il tramonto è quasi pronto, ma vado via prima e mi perdo l’occasione di vedere per la prima volta il sole che cala sul ciglio dell’acqua, sob! 😦 ( Il sole sorge sul mare da me e se ne va a nanna da quell’altra parte! ) Ah, dimenticavo, sono dette saline poiché le sempre colate laviche all’esterno sono rimaste tutte spunterozzi con relativi fossi e buche, nelle quali l’acqua del mare evaporando lascia tracce di sale – insomma saline, si fa per dire! Il paese è composto da due strade, una più su e l’altra più giù! Da una parte solo pedoni che trasumano per ammirare i soliti bric-à-brac di pessimo gusto, più giù un carosello di auto, auto, auto a tutte le ore del giorno e della notte – ma dove andranno, boh?  

La mattina dopo, nell’attesa che arrivino M. e S. si va a Pisciotta, paese arroccato modello presepe, famoso per le olive pisciottane e per un olio che non abbiamo comprato – ci arrangiamo anche noi, con l’olio pugliese! 😀

Gli ulivi di Pisciotta sono l’equivalente di una cattedrale, maestosi e antichi. Bellissimi! 😀 Il fortuito e fortunato incontro con un professore universitario, che ha insegnato a Bari per lunghi anni – come è piccolo il mondo! – ci ha dato la possibilità di visitare un antico frantoio sistemato nella cantina di casa sua. 

Ieri, con le previsioni che non ci avevano dato speranza – pioggia e maltempo – non paghi del tour iniziale, siamo saliti verso Paestum, dove non ero mai stata. Non fatevela mancare, prendete appunti e visitatela. E’ un sito archeologico meraviglioso e il museo vi strabilierà!

Per non farci mancare proprio niente, siamo saliti verso Salerno costeggiando il mare. Oltre gli innumerevoli ” lidi ” e sale ricevimenti sponsorizzati sicuramente dalla camorra – strutture faraoniche in un contesto davvero squallido! – abbiamo visto sporcizia infinita – lo ” sceriffo ” sindaco di Salerno salvaguardia solo la città con una raccolta differenziata da fare invidia ad una città del nord, così dice, e il resto? Lasciati alla mercè del caldo cumuli di sacchetti con immondizia non differenziata si contendevano il posto con ” signorine ” al lavoro, in pieno giorno, anche loro non differenziate dal circostante tristissimo paesaggio! A Salerno abbiamo pranzato e festeggiato M. che ha compiuto gli anni! – auguri ancora, cocca! 😀 Dopo una visita patita, per la pioggia, e brevissima al Duomo e Via Mercanti, siamo rientrati a casa, salendo verso Napoli – essì quell’impiastro di navigatore di S. ci ha dirottati lì, invece che farci ” tagliare ” per l’interno verso Avellino. Vatti a fidare dei satelliti! Abbiamo fatto così un altro percorso non previsto, un viaggio nel viaggio. La prossima volta mi porto da casa una vecchia cartina stradale! 👿

Flussi

Pensavo ieri, viaggiando, che la strada con il suo flusso di auto dirette in direzioni parallelamente opposte, è come una facile metafora; rappresenta, nell’immagine vivida che offre, di suoni e rumori e odori, il flusso di pensieri che appartengono al viaggio, all’allontanamento. Non guidavo, no, avevo il piacere di essere svagata. Così i pensieri in flusso continuo sono andati e tornati. A volte un semaforo mentale ha interroto lo scorrere e ha preso piega l’idea, il pensiero concreto. Un piccolo incidente, un lieve tamponamento ha obbligato al nodo più ingarbugliato, all’avvicendarsi di quelle preoccupazioni pensate, così simili ai pensieri di ognuno – non che abbia mai avuto la velleità di pensare dei pensieri speciali!  Così si è concretizzata la paura dell’immateriale, il pensiero è andato al terremoto, alle persone prive di ogni cosa, soprattutto di certezze. E nell’andare sulla strada, su quella strada. ho pensato all’amica che quella strada la percorre ogni giorno, l’ho immaginata, a volte di buon umore, altre volte stanca, pensante anche lei, con un flusso che corre in avanti, senza fermarsi – il rientro a casa, la cena, l’anticipo del domani, senza nemmeno aver finito l’oggi! Flussi immateriali di pensieri e concreti di auto, insieme, sulla strada.

Trojaneide

Il figlio più grande, qualche giorno fa, mi dice: Dove li porti quest’anno i tuoi alunni? A Troja, gli rispondo. Non ti sembra che siano troppo piccoli? aggiunge. Ci penso un po’ su… non c’ero arrivata! Che spiritoso, no? 👿 Va be’, siamo stati in gita scolastica a Troja, piccolissima località a mezza collina sui monti Dauni. Vanta una cattedrale romanica eccezionale con un rosone ” ricamato ” da far invidia ad altre chiese più famose e visitate.

Rosone della cattedrale di Troja

Sarà che il termine è caduto in disuso – sarebbe stato drammatico se invece che a Troja fossimo stati a Escort! – sarà come è stato, ma non ci sono state battute scherzose come quelle figliesche. I ragazzi stranamente attenti, visita guidata professionale e ” teatralizzata “. Nel pomeriggio a Bovino – e lo so, sono rustici, i nomi di paese come gli possono venire diversi se sono tutte mucche e pecore? 😀 Fattoria didattica con percorso formaggi – nel senso che dalla mungitura delle capre sono arrivati alla fattura dei formaggetti dauni.

Pecora della razza " Gentile " dei monti Dauni

Insomma, finalmente un viaggio di istruzione veramente tale, senza (d)istruzione, anzi! Ho capito tre cose: ai ragazzi basta un prato per giocare, una fattoria con gli animali, la salsiccia di maiale nero e il formaggio di pecore di razza ” gentile ” da portare a casa e sono felici come non mai. La tanto decantata cultura battuta dalle braccia agricole? Da pensarci. Il ” massaro “, da laureato a pieni voti in agraria, ha messo a frutto l’azienda famigliare di 350 ettari tra pascolo e bosco di querce, con annesso allevamento di pecore, capre – 500 capi – e maiali neri della Daunia. A 750 metri sul livello del mare, una pace e un’aria che non vi dico… quasi quasi… 😀 e mi prendo come lavoranti i ragazzi di prima E! 😀

Bovino ( Foggia ) paesaggio