I vicini di casa

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Quando l’appartamento che ti ospita si trova in una palazzina dove vige la “ comunione di beni “ – nel senso che ci sono parti comuni da condividere con i tanti – devi necessariamente trovare il modo di sopravvivere alle stranezze altrui, se non proprio ignorarle, le stranezze, pena il litigio furioso ad ogni piè sospinto. Per dire: la mia dirimpettaia.
Costei pensa di discendere per linea diretta dai Windsor. Lo posso asserire a ragion veduta poiché al matrimonio del figlio primogenito – ero tra gli invitati, ahimè! – fece sapere a tutte le signore che sarebbe stato un atto dovuto indossare il cappellino, non perché avesse a cuore le sorti delle cocuzze delle suddette, si era in estate e magari…giammai! ma solo perché faceva tanto bon ton e casa reale – non ci provate nemmeno a pensarlo, non avevo il cappellino! Di tanto in tanto, negli anni, bypassando il povero amministratore valido quanto il due di picche, ha fatto installare, a spese di tutti, of course > un’ orrida pulsantiera dorata, al lato del portone, per la quale godo di sberleffi imperituri da parte di tutti coloro che vengono a trovarmi e, per forza!, devono citofonare sulla pulsantiera sberluccicosa! > a Natale abbiamo avuto una corona retro porta come retro portone, self made, brutta ma brutta, per la quale abbiamo dovuto farle i complimenti pena un broncetto perenne > a piacimento fa cambiare le led lampadine che illuminano il suddetto portone perché a volte le garbano quelle a luce calda altre volte quelle a luce fredda > ad altrettanto piacimento mi comunica, tramite messaggini mattutini corredati da immagini, se sono d’accordo a camuffare il vetro che copre i contatori della luce posizionati sul pianerottolo comune con ameni paesaggi marini – quando sono arrivata ad essere la sua dirimpettaia, c’era l’immagine del sacro Cuore di Gesù, sui contatori, per le scale! > spesso le viene in mente di “ abbellire “ il benedetto suddetto portone con gigantografie a soggetto marino – e le piace il mare, che volete farci…

Ma l’apoteosi, il non plus ultra, sono i vasi con le piante per le scale… e non la solita “ grasta “ al lato della porta che non dà fastidio a nessuno, no no troppo facile!, i vasi si ramificano a piacimento dal pianerottolo per tutti i gradini che portano al piano di sopra, fino ad arrivare all’ammezzato dove vive una finestra perennemente aperta estate e inverno, sgrunt! altrimenti le piante, povere gioie, patiscono senz’aria…così quando esci di casa al mattino, specie in inverno, rimani basita come uno stoccafisso e amen! E come se non bastasse avere una decina di piante di dracena che invadono, letteralmente, la salita al piano di sopra, è da un paio di anni che alle dracene si accompagnano altrettanti ciclamini che fanno tanto Natale, ma il Natale è passato da un pezzo, ohibò!, ed è ancora da qualche giorno che insieme ai ciclamini mette a dimora, la Windsor, rametti di mimosa alla quale sono allergica…così oltre a diventare uno stoccafisso, con la tramontana di questi giorni, sono anche in preda a raffiche di starnuti a (s)piacimento mio, stavolta! Con questa pittoresca situazione, l’altra mattina, alla lettura dell’avviso in ascensore che recitava la necessità di rimuovere le piante – per cortesia! – per il trasporto, al sesto piano, di un divano che in ascensore non poteva essere trasportato, l’ineffabile Windsor ha coperto tutte le sue creature scaligere con un telo di plastica e, grasso che cola se le rimuovo! deve aver pensato. Sicché all’arrivo dei due disgraziati che portavano il divano, con tanta fatica – e sei piani son sei piani, mica pizza e fichi! – uno dei due omini si è fermato, si è reso conto della situazione e con un marcato accento che denunciava l’appartenenza alle contrade di Bari vecchia ha profferito: Moooooo e ci è, il giardinetto! La morte sua, signora Windsor, la morte sua!

La vita intima

Particolare della copertina del libro “ La vita intima “ di Niccolò Ammaniti- foto web


Prendete una ingenua anaffettiva e pure ignorante ma ricca, prendete personaggi da “ generone romano “, prendete il “ Potere “ descritto nelle sue sfaccettature più becere, prendete personaggi minori che non si sa bene per quale oscura ragione continuano ad adorare l’ anaffettiva ingenua, turbinate in maniera costante e adeguata e otterrete, quasi d’incanto, l’ultimo romanzo di Niccolò Ammaniti, quella “ Vita intima “ che sbandierata nel titolo non riconduce ad una reale intimità, visto che l’algida e sprovveduta protagonista non ha una vita intima, in considerazione del fatto che la SUA vita intima, è alla mercè di chiunque intorno a lei. Un titolo da virgolettare? Non sappiamo. Fatto sta che il buon Ammaniti – del quale avevo letto “ Io non ho paura “ tanto tanto tempo fa e poi null’altro – ha dalla sua parte una scrittura buona, a tratti ironica, in certe parti francamente porno soft. Tutta questa “ sapienza “, questo “ mestiere “ si fa leggere facilmente e continui a leggere, non per inerzia, ma per capire fin dove l’ingenua protagonista smette i panni consueti e diventa l’eroina di se stessa, affermando una realtà diversa da quella vissuta finora. Un libro da comprare? Sì, se vi intrigano i retroscena della politica nostrana, anche perché, a lume di naso, il romanzo si presta con facilità a diventare un film – con Nicole Kidman come protagonista… forse no, considerando la vetustà della citata. Un ultimo consiglio, evitate come la peste le presentazioni del libro in presenza dell’autore, spoilera che è una bellezza! 😄

Statistiche

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Chissà se hai pensato, nel momento in cui gli hai voltato le spalle, che avresti potuto essere in pericolo. Chissà quali sono stati i tuoi pensieri, quando hai sentito il colpo del primo fendente, il primo dei tanti che ti hanno uccisa. Provo ad immaginare il tuo dolore per aver creduto in quell’uomo che da compagno di vita si è trasformato in carnefice, facendoti diventare, in una sera di domenica di metà gennaio, materiale da statistiche, una vittima di femminicidio. Banalmente il tuo assassino ha ricalcato tutti i cliché, separato con altri figli, si faceva “ mantenere “ da te, madre di una figlia adolescente, tu che avevi un lavoro precario con poche risorse economiche. Lo avevi accettato, nonostante tutto, mettendo un punto fermo alla tua vita, senza sapere, senza neppure immaginare che la tua vita avrebbe avuto un epilogo così fuori dall’ordinario. Quando ieri sera ho letto il tuo nome legato all’orrore che era capitato poco prima, mi sei venuta in mente come ti ho visto l’ultima volta, una ragazza gentile e perbene. Che la terra ti sia lieve, cara T.

Sei gennaio – dettagli

Carlo Crivelli – Secondo trittico di Valle Castellana, Madonna col Bambino e santi Antonio e Sebastiano, 1472 circa – particolare – dalla mostra “ L’arte liberata “ Scuderie del Quirinale, Roma – archivio fotografico personale.

Il bambino è dipinto in una posa non convenzionale, sdraiato sul ricco manto della Madonna. Una mano è posta a benedire, mentre l’altra sorregge il capo che è sporto oltre le gambe della madre. Lo sguardo è curioso e attento, non rivolto verso le figure oranti, in basso a destra, ma verso la mela posta in primo piano, molto più grande rispetto alle immagini laterali, quasi delle stessa dimensione della testa del bambino. La mela rappresenta, nei dipinti di soggetto sacro, il frutto proibito da cui deriva il peccato originale. Il Crivelli dipinge, in tutte le opere che hanno come tema la Madonna col bambino, la mela in mano al bambino, con il chiaro significato di redenzione e salvezza per il genere umano, perché quello che verrà, la passione del Cristo, porterà all’espiazione del peccato originale.
Ma in questo caso, con la mela caduta ai piedi della Madonna, qual é il messaggio espresso?

Quattro gennaio – riflessi

Pier Paolo Pasolini, Tutto è santo, Il corpo politico – mostra esposta a Roma presso il MAXXI – Museo delle arti del XXI secolo

L’immagine riflessa, una grande scritta rossa sulla parete di fronte, si sovrappone alla riflessione dell’uomo, bloccato in un fermo immagine in bianco e nero.
THEY HATE US FOR OUR FREEDOM sono fiammiferi, dalla testa rossa, pazientemente posizionati a comporre il messaggio.

Pizze e cartoni

Il “ vezzo “ di certuni, possessori di trentatré auto di grossa cilindrata – una per ogni giorno del mese? – è quello di non temere il ridicolo sbandierando ai quattro venti – nel caso anche ai quattro o cinque o sei socialcosi di ordinanza – non solo il possesso delle trentatré macchinine in dotazione, ma anche la rivelazione, urbi et orbi, di pensieri che possono solo definirsi socialmente pericolosi.
Per i piccoli e tristi omuncoli come quel Tate che, incapace di tenersi il cecio in bocca, ha battibeccato con Greta Thunberg di possessi terreni e di ridicoli comportamenti altamente scorretti, ben vengano i portatori di pizze, se il mangiare una pizza – e mostrarlo – serve a farli arrestare. Peccato che ci siano donne convinte che frequentare tali misogini mangiatori di pizza possa servire ad elevarle al ruolo di compagne di merende, mentre per loro è solo ricadere in tristissimi e già visti cliché.

Angoli

Erano lì, quando li ho visti, posti su un angolo del marciapiede, fermi. Non avevano l’aria di aspettare qualcuno, forse non nell’immediato.
Perché nell’immediato c’era solo il loro abbraccio, lei piccola e minuta, lui molto più alto che, a tratti, la sollevava leggermente da terra e lei, felice, godeva di questo piccolo gioco, dell’abbraccio del ragazzo che in quel momento voleva tenerla stretta tra le braccia.

Visione fugace di un momento di pausa nel traffico lento di una giornata che precedeva il Natale.

La prima volta che ho fatto l’amore non è stato un granché divertente…

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Nel bene e nel male tutti ricordiamo la nostra prima, personalissima, volta. Per alcuni si tratta di un ricordo remoto, altri hanno ricordi ravvicinati nel tempo, dipende dall’età degli absolute begginers che leggono. E la definizione fare l’amore sembra mutata nel tempo in fare sesso – sostanzialmente la stessa cosa, ma la differenza dov’è? Cosa privilegiare? Un’ipocrita – forse – dicitura che presuppone un legame affettivo oppure orientarsi verso qualcosa che ha a che fare con una piacevole ginnastica che libera endorfine? Si tratta solo di scelte dialettiche? Però ci teniamo stretti le nostre prime volte, con tutto quello che ricordiamo – che, a ben pensarci, la vita è fatta di tante prime volte…

La prima volta che ho fatto l’amore
Non è stato un granche’ divertente
Ero teso ero spaventato
Era un momento troppo importante
Da troppo tempo l’aspettavo
E ora che era arrivato
Non era come nelle canzoni
Mi avevano imbrogliato

Ma l’amore
Non è nel cuore
Ma è riconoscersi dall’odore
E non puo’ esistere l’affetto
Senza un minimo di rispetto
E siccome non si puo’ farne senza
Devi avere un po’ di pazienza
Perché l’amore è vivere insieme
L’amore è si volersi bene
Ma l’amore è fatto di gioia
Ma anche di noia… ( Non è nel cuore – Eugenio Finardi )